Domanins - prorichinvelda

Proloco San Giorgio Della Richinvelda APS
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Domanins

GUIDA DI SAN GIORGIO della RICHINVELDA
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DOMANINS

I ritrovamenti archeologici dimostrano che i luoghi su cui sorge l’abitato di Domanins erano popolati sin dall’età preromana. Il nome del villaggio, tuttavia, appare per la prima volta nel 1123, in un documento che elenca i possedimenti del monastero di St. Paul in Lavanttal, in Carinzia.
La giurisdizione civile fu esercitata dai signori di Spilimbergo probabilmente sin dal XIII secolo. Inoltre qui avevano possedimenti anche il citato monastero di St. Paul e i signori di Porcia.
Religiosamente la comunità era soggetta alla Pieve di San Giorgio. Nel 1479 venne istituito il beneficio parrocchiale e a quella data risale forse il diritto di elezione del parroco da parte dei capifamiglia del paese, diritto al quale questi rinunciarono nel 1972.



La chiesa parrocchiale

La tradizione vuole che la prima chiesa sorta a Domanins fosse quella di San Girolamo in località “Selva”, ma di essa non vi sono tracce.
La primitiva chiesa parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo risaliva forse al secolo XII e fu demolita nel 1845. La costruzione della chiesa attuale va collocata tra il 1841 e il 1854, a opera di maestranze locali condotte dal capomastro Pietro Bisutti, su progetto dell’ingegner Giovanni Battista Cavedalis, spilimberghese (fig. 50).
La facciata è fortemente riquadrata in senso verticale ed orizzontale da lesene e cornicioni; termina con un frontone cieco raccordato agli angoli da due strutture terminanti con pinnacoletti.
Il campanile, in stile gotico, è stato progettato da Girolamo D’Aronco e ultimato nel 1894. Nel 1919, a causa di una tromba d’aria che devastò l’intero paese, il campanile ebbe la cuspide troncata dal vortice del ciclone. La torre subì nuovi danni con il terremoto del 1976 quando la cuspide si troncò nuovamente. I lavori di ripristino furono completati nel 1979.
All’interno della chiesa si può ammirare la pala con San Valentino benedicente, devoti e processione della Confraternita (fig. 51) che il pittore pordenonese Gasparo Narvesa (1558-1639) dipinse nel 1595.
E’ considerata “una delle più riuscite composizioni dell’artista che ambienta la scena in una chiesa ma conferisce ad essa un respiro ben più ampio impostandola su una linea diagonale e immergendo le figure, in particolare quelle di donne e bambini in primo piano, nella luce che lega l’interno col paesaggio di assolata campagna oltre la finestra” (Menagazzi). Pregevoli, nella composizione, alcuni ritratti, quello della madre e del bambino a sinistra, e la resa dei particolari da natura morta: un calice, tre piccoli crocefissi, le inferriate alle finestre.
Tra le altre opere che decorano l’edificio si segnala il dipinto secentesco con l’Annunciazione, di difficile attribuzione, gradevole per l’uso dei colori vivaci e piacevolmente contrastanti, per il senso di mistero che aleggia nella scena e si trasmette ai personaggi.
A scuola friulana della fine dei Seicento (o del primo Settecento) va attribuito anche il dipinto con la Madonna del Rosario, San Domenico e Santa Caterina vicino alla bottega del venzonese Lucilio Candido, cui sono attribuiti molti dipinti in chiese friulane.
Tra le opere scultoree va segnalato il massiccio fonte battesimale (fig. 52) che risale al XV secolo e l’altare maggiore realizzato nella seconda metà del XVIII secolo da Giuseppe Mattiussi, esponente di una rinomata famiglia udinese di altaristi e scultori.
Della scuola d’intaglio della Valgardena sembrano il San Michele Arcangelo (ca.1920) e il San Valentino, mentre a Giuseppe Scalambrin di Fossalta di Portogruaro (1886-1967) si deve l’Immacolata (ca. 1935).
Due sono le opere contemporanee che arricchiscono l’edificio di culto, entrambe realizzate da artisti di origine veneta utilizzando la ceramica: la stazioni della Via Crucis (1981) di Italo Costantini e il Crocifisso dell’abside (1980) di Antonio Boatto.



Villa Spilimbergo-Spanio

Il complesso residenziale si trova lungo la strada provinciale che da Zoppola conduce a Spilimbergo, nel versante orientale del paese.
Il primo impianto del palazzo risale agli ultimi decenni del XIV secolo e divenne stabile residenza della famiglia dei conti Spilimbergo - Domanins dal XVII secolo.
La villa attuale è frutto di un intervento strutturale dell’inizio del 1800, che mantenne, comunque, l’aspetto sobrio e severo. E’ costituito da un nucleo centrale a tre piani con ali arretrate che si affacciano su di una corte interna adibita a giardino. I fabbricati di servizio, un tempo adibiti a filanda e barchessa, sono staccati dal corpo centrale e disposti perpendicolarmente a esso.
La facciata verso la campagna presenta la medesima disposizione, anche se l’edificio centrale è racchiuso da due torri sporgenti a quattro piani.
Fuori dal muro di cinta, leggermente arretrata rispetto alla pubblica via, vi è la chiesetta dedicata a Santa Eurosia, patrona delle campagne. Il portale dell’edificio, attribuito al Pilacorte, fa pensare a un’origine cinquecentesca della residenza gentilizia, rimaneggiata e ampliata in seguito.
Tra le opere d’arte presenti all’interno della villa da segnalare l’atrio affrescato nei primi anni dell’Ottocento da Giovanni Battista Canal e Giuseppe Borsato.
Nel giardino sono attualmente esposte alcune sculture dell’artista contemporaneo Ivan Theimer.
Villa Spilimbergo-Spanio è di proprietà privata e non è aperta al pubblico.


Il monumento all'emigrante

Il monumento è un'opera dedicata a coloro che partirono dai nostri paesi in cerca di lavoro e fortuna (fig. 53).
È composto da un recinto, un sacello che racchiude una statua della Vergine con Bambino e altri elementi architettonici che accompagnano il visitatore in un viaggio simbolico attraverso le fasi della vita dell'individuo e nei mondi dell'emigrazione.
Il monumento è ben visibile giungendo da Spilimbergo, all'ingresso dell'abitato, a fianco della strada che conduce a Zoppola. E' stato costruito tra il 1983 e il 1986 e inaugurato nell'agosto dello stesso anno alla presenza del Vescovo di Concordia-Pordenone Abramo Freschi.
Il progetto è dell'architetto sacilese Ettore Polesel, mentre la scultura della Madonna con Bambino che abbraccia il mondo in forma di vascello è stata realizzata da Edo Janich, scultore e incisore originario di Pozzo di San Giorgio della Richinvelda.

Se si pone di fronte al monumento, dando le spalle alla strada, l'osservatore può ripercorrere idealmente le tappe dell'esistenza dell'individuo, a partire dalla nascita, dove il muro di cinta si forma e cresce, attorniato da piante e fiori. L'esistenza in un mondo separato, quello dell'infanzia, è simboleggiata dall'insenatura, mentre le fratture e i solchi rimandano alle criticità attraversate durante l'adolescenza. Segue l'età adulta, raffigurata dalla porta che si apre nel muro. L'ultimo tratto, sinuoso, è quello della terza età: nella parte interna di questo tratto di muro si trovano la Panca della Riflessione, in cui sostare per riflettere sulla vita trascorsa, e la Pietra della Meditazione, solcata da una croce, in cui l'uomo, vicino al termine dell'esperienza terrena, inizia a volgersi al suo destino ultraterreno. L'area pavimentata alla base del capitello è composta da dodici cerchi concentrici di piccole pietre: i mondi dell'emigrazione, al cui centro si trova il pianeta nella sua globalità.
La struttura verticale del capitello, al centro dell'area sacra, contrappone l'ascesa verso il cielo all'orizzontalità circolare del percorso terreno.
L'opera si può definire autenticamente "corale": il lavoro per la realizzazione del capitello è stato eseguito in buona parte da volontari, animati in particolare dal compaesano Sante Lenarduzzi, e i materiali sono stati acquistati con il contributo dell'allora Cassa Rurale ed Artigiana (ora Friulovest Banca) e della Comunità di Domanins.

Nei pressi della Villa Spilimbergo-Spanio, sul lato opposto della strada, in Via Belvedere, sono visibili due case che presentano la tipica architettura rurale friulana. Dopo il terremoto del 1976 sono state restaurate e riportate alla loro condizione originale. Costituiscono un interessante esempio del rapporto instaurato tra l’uomo, con le sue occupazioni, e l’ambiente (fig. 54).

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