Provesano - prorichinvelda

Proloco San Giorgio Della Richinvelda APS
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Provesano

GUIDA DI SAN GIORGIO della RICHINVELDA
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PROVESANO
La terra su cui sorge Provesano era abitata sin dall’epoca pre-romana come attestano i reperti ritrovati presso il castelliere detto anche di Gradisca sul Cosa.
Il nome è di origine romana: è composto da Probus (o Publicius) e il suffisso anu che indica la proprietà fondiaria.
Dall’XI secolo le terre di Provesano passarono alla casata degli Spilimbergo. Nei secoli successivi numerosi documenti registrano la storia della comunità che ecclesiasticamente apparteneva a San Giorgio della Richinvelda, ma civilmente rimase legata a Spilimbergo fino al 1871 quando i “frazionisti” di Provesano chiesero formalmente di far parte del comune di San Giorgio della Richinvelda.



La chiesa parrocchiale
Dedicato a San Leonardo, l’edificio sacro ad unica navata innalzato su una precedente chiesa, risale alla seconda meta del XV secolo. Rimaneggiato nel ‘700, è stato ampliato e ha preso l’attuale aspetto nel 1828, periodo di più vistosi cambiamenti urbanistici e strutturali nel Comune (fig. 13).


Il ciclo di affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo
L’edificio conserva un importante ciclo di affreschi che il pittore carnico Gianfrancesco dal Zotto detto da Tolmezzo dipinse sulle pareti del presbiterio nel 1496 (fig. 14).

L’artista lasciò nell’abside il suo ciclo di affreschi più esteso e probabilmente il suo capolavoro. Ripropose sulla volta le figure dei Dottori della Chiesa, dei Profeti, degli Evangelisti secondo l’iconografia già sperimentata in altri suoi lavori, seppur “con figure più solide, con più credibili architetture e meno accentuato uso della linea” (Bergamini). Ma la novità del ciclo va ricercata nel racconto dei vari momenti della Passione di Cristo, culminante nella grande Crocifissione della parete di fondo, di ampio respiro, pregevole nei particolari e suadente nel paesaggio.
Oltre alle scene della Passione di Cristo nelle pareti laterali (Orazione nell’Orto, Ultima Cena, Cattura e Cristo davanti ad Erode a destra; Cristo davanti a Pilato, Flagellazione, Salita al Calvario, Deposizione e Resurrezione a sinistra) e sul basamento il Paradiso, l’Inferno e gli Apostoli, l’artista dipinse sull’arco trionfale San Rocco e San Sebastiano nei pilastri e, nell’intradosso, i mezzi busti delle Sante Orsola, Marta, Apollonia, Lucia, Agata, Caterina d’Alessandria (fig. 15), Barbara, Rosa da Viterbo, Agnese e Maddalena.
      
La carica drammatica che percorre il ciclo (figg. 16, 17, 18), le tipologie dei volti, l’affollamento dei personaggi, il complicato grafismo in termini più marcati rispetto alle precedenti opere dell’artista, colpì la critica già nell’Ottocento (Cavalcaselle) che non mancò di notare un modo di dipingere che risentiva dell’influenza di modelli tedeschi individuati, più tardi, nella serie di incisioni della Passione di Cristo di Martin Schongauer, il grande pittore ed incisore di Colmar. Pur rifacendosi in modo chiaro, soprattutto per alcune scene, al modello tedesco, Gianfrancesco “cerca di ammorbidire il secco taglio dell’incisione con una linea più fluida, più corposa, con un piacevole uso del chiaroscuro ed una resa plastica della figura. In definitiva, al di là del modello iconografico, pur nell’espressionismo drammatico, prevale la componente veneta” (Bergamini).
Semplice e immediata, come in altri suoi lavori, la tecnica: “i colori, dalle tonalità prevalentemente chiare, vengono stesi direttamente a tono e sono privi di sfumature sottili. […] La costruzione dell’immagine non è però fondata solamente sul colore che per Gianfrancesco costituisce una sorta di base cromatica del disegno che completa e definisce la pittura stessa. Sia gli incarnati che i panneggi vengono prima dipinti e poi disegnati con tratti netti e sottili”(Bonelli).
Un ciclo d’affreschi, dunque, complesso e particolarmente impegnativo, e certamente riuscito di cui l’artista ebbe forse consapevolezza, tanto che oltre a consegnarlo ai posteri con data e firma, vi aggiunse un veloce autoritratto, di profio, sulla parete di fondo dell’abside.
Gli affreschi di Gianfrancesco ebbero duplice significato per la comunità di Provesano: non soltanto di eccezionale abbellimento della chiesa, ma anche di ritorno alla normalità dopo le frequenti invasioni dei Turchi, delle quali particolarmente feroce fu quella del 1478.
                 

Altre opere pittoriche e scultoree
La chiesa parrocchiale di Provesano conserva altre opere della fine del XV secolo che testimoniano un breve clima di rinascita: sono le opere scultoree del più conosciuto lapicida del tempo, il lombardo Giovanni Antonio Pilacorte di Tommaso da Carona.
Riflettono la tipica poetica del Pilacorte l’acquasantiera (fig. 19) - datata 1497 in una scritta sul bordo che ricorda anche i nomi dei camerari - con motivi ornamentali a girali fogliati nella coppa, a catena sul fusto arricchito da figure di leoni e il fonte battesimale (fig. 20) -firmato e datato 1498 - con cherubini nella coppa e la raffigurazione del Battesimo di Cristo, in bassorilievo, sulla base.
               
Sulla parete di fondo dell’arco trionfale si possono ammirare due affreschi raffiguranti la Madonna con Bambino e San Rocco e un angelo (fig. 21). Sulla cornice in basso compaiono il nome dell’autore, Pietro da San Vito, e l’anno di esecuzione, 1513 con un chiaro riferimento allo scampato pericolo della peste del 1511. 

Messe a confronto con i vicini affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo, le opere di Pietro da San Vito sono indubbiamente inferiori. Le sue figure, che pur si rifanno alla tradizione veneta, sono statiche, i volti sono poco espressivi e vi compaiono evidenti segni di imperizia tecnica che si riflettono nella prospettiva e nell’impaginazione delle scene.
Tra le opere appartenenti ai secoli successivi, degno di nota è l’altare con il tabernacolo in marmi policromi della fine del Seicento, attribuibile agli scultori veneti Bettamelli, maestri in tal genere di manufatti.
Al 1790 risalgono le due statue di pietra raffiguranti i Santi Leonardo (fig. 22) e Andrea (fig. 23), commissionate ad un ignoto scultore friulano per l’altare maggiore e successivamente collocate nella facciata. Ora sono ubicate in una nicchia nella parete di destra della navata.
                 
Altra opera da segnalare è la pala con i Ss. Floriano, Rocco e Sebastiano (fig. 24) che il veneziano Luigi Bello dipinse nel 1846. Vissuto nella prima metà dell’Ottocento il Bello si mostra piuttosto modesto sia nell’impaginazione che nella trattazione delle figure e negli accordi cromatici.
Al Novecento risalgono il gruppo ligneo della Madonna di Lourdes (ca. 1935) di Giuseppe Scalambrin di Fossalta di Portogruaro e le stazioni della Via Crucis, (1942) di Pierino Sam.
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